Zdalo by sa vám príliš skoro, príliš odvážne klásť túto otázku iba týždeň (alebo aj len mesiac) po blahorečení nášho pápeža Jána Pavla II.? Tak ma teda považujte pokojne za priodvážneho. Ale ja svoj dôvod mám. Kráčajúc po ulici Borgo Santo Spirito, hneď po omši blahorečenia, myslel som si, že ten chaos odpadkov pod nohami – nezabudnime, bolo tam cez milión osôb – že zostane snáď až do ďalšieho dňa. No už v ten večer sa ukázal opak. Pred mojimi očami. Takto, po dobrých siedmych dňoch (alebo aj mesiaci), sa chcem pohrať s frázou: zostane to, čo je trvácnejšie, stabilnejšie, dokonca nezmazateľné. Večné.
Určite na prvom mieste, hoci snáď nie až tak večná, sa nachádza otázka o svätorečení. Mnohí sme zvedaví, kedy nadíde. V jednej správe z 2. mája som čítal, že kardinál, štátny serketár Vatikánu, Tarcisio Bertone, vyjadril svoju nádej ohľadom veľmi krátkeho času. Mons Slawomir Oder, postulátor kauzy, na moju otázku 1. apríla počas študijného dňa na Pápežskej univerzite Svätého kríža odpovedal, že k tomu treba ďalší, druhý zázrak, uznaný Svätou Stolicou. Dúfajme. Podľa Odera nové ohlásenia milostí nechýbajú.
Medzitým, ako sa zodpovední budú usilovať zavŕšiť proces kauzy, v Bazilike svätého Petra sa nezastavuje prúd ľudí pred oltárom v Kaplnke svätého Šebastiána. Tam je uložené telo nového blahoslaveného pápeža. Je isté, že otázka o svätorečení pominie, možno po pár rokoch. Večné však zostanú modlitby. Tie skryté v srdciach, aj tie vyjadrené na lístočkoch od veriacich z celého sveta. Každý deň ich je mnoho. Lístočky, ktoré sa takto dostali pred Karola Wojtylu, putujú potom ku kontemplatívnym sestrám, ktoré ich zahŕňajú do modlitieb. A preto som si istý, že zostanú nezmazateľné pred Božím pohľadom, aby priniesli ovocie vo forme milostí, ktoré budú premieňať osobné životy. Toto je to najnezmazateľnejšie, čo zostane. Vďaka priateľskému orodovaniu nášho milovaného blahoslaveného, a skoro svätého – santo subito.
utorok 31. mája 2011
pondelok 9. mája 2011
Che ci resta della tua beatificazione, caro Santo Padre?
Vi pare molto presto, forse pure ardito, porre questa domanda solo una sola settimana dopo la beatificazione del nostro Papa Giovanni Paolo II? Allora giudicatemi tranquillamente da troppo ardito. Però io il ragione lo ho. Percorrendo Borgo Santo Spirito, subito dopo la messa di beatificazione, pensassi che quel caos dei rifiuti sotto i piedi – non dimentichiamo, c’èra più di un milione di persone, sarebbe rimasto fin altro giorno. Invece già nella stessa sera si è verificato l’opposto. Davanti i miei occhi. Così, dopo dei bei sette giorni, vorrei giocare con la frase: rimarrà ciò che è più stabile, costante, persino incancellabile. Eterno.
Sicuramente al primo posto, benché forse non tanto perpetua, si trovi la domanda della canonizzazione. Molti siamo curiosi quando avverrà. In una notizia del 2 maggio ho letto, che il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha espresso la sua speranza di tempo molto breve. Mons. Slawomir Oder, postulatore della causa, alla mia domanda nel 1 aprile alla Pontificia Università della Santa Croce a Roma, ha risposto, che ci vuole un altro, vuol dire secondo, miracolo, riconosciuto dalla Santa Sede. Speriamo. Secondo lo stesso Oder le nuove denunce delle grazie non mancano.
Intanto che i competenti si sforzeranno a condurre a perfezione la causa, in Basilica di San Pietro non si ferma il flusso della gente davanti l’altare nella cappella di San Sebastiano. Lì riposa il nuovo beato Papa. Ê sicuro, che la domanda della canonizzazione sparisce, forse dopo un paio d’anni. Rimarranno però in eterno le preghiere. Quelle nascoste dentro i cuori, pure quelle espresse sui foglietti dai fedeli di tutto il mondo. Ogni giorno ce ne sono tante. I foglietti, una volta messi davanti la cassa di Karol Wojtyla, vengono poi lette in preghiera dalle suore contemplative. E per questo son sicuro che rimarranno incancellabile davanti lo sguardo di Dio, per dar frutto sotto la forma della grazia, capace di trasformare la vita personale. Ed è quella che è eterna. Eccolo, il più incancellabile “resto”. Per amichevole intercessione del nostro amato beato, e santo subito.
Sicuramente al primo posto, benché forse non tanto perpetua, si trovi la domanda della canonizzazione. Molti siamo curiosi quando avverrà. In una notizia del 2 maggio ho letto, che il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha espresso la sua speranza di tempo molto breve. Mons. Slawomir Oder, postulatore della causa, alla mia domanda nel 1 aprile alla Pontificia Università della Santa Croce a Roma, ha risposto, che ci vuole un altro, vuol dire secondo, miracolo, riconosciuto dalla Santa Sede. Speriamo. Secondo lo stesso Oder le nuove denunce delle grazie non mancano.
Intanto che i competenti si sforzeranno a condurre a perfezione la causa, in Basilica di San Pietro non si ferma il flusso della gente davanti l’altare nella cappella di San Sebastiano. Lì riposa il nuovo beato Papa. Ê sicuro, che la domanda della canonizzazione sparisce, forse dopo un paio d’anni. Rimarranno però in eterno le preghiere. Quelle nascoste dentro i cuori, pure quelle espresse sui foglietti dai fedeli di tutto il mondo. Ogni giorno ce ne sono tante. I foglietti, una volta messi davanti la cassa di Karol Wojtyla, vengono poi lette in preghiera dalle suore contemplative. E per questo son sicuro che rimarranno incancellabile davanti lo sguardo di Dio, per dar frutto sotto la forma della grazia, capace di trasformare la vita personale. Ed è quella che è eterna. Eccolo, il più incancellabile “resto”. Per amichevole intercessione del nostro amato beato, e santo subito.
pondelok 11. apríla 2011
Sara Crewe, da principessa a fantesca, ma non rinuncia a fantasia
La scuola delle ragazze a New York ha dato “arrivederci” a Sara Crewe. La ragazza considerata dal suo padre da piccola principessa ha causato cambiamenti di carattere delle compagne. Convinta della propria dignità ha lottato contro le regole rigide della scuola, pure dopo esser stata umiliata a fantesca.
Sara Crewe non conosceva la mamma. Il suo padre, capitano, la teneva molto. Da piccola la educava a considerarsi principessa. “Tutte le donne sono principesse,” le ha detto prima di esser dovuto a partire per la guerra mondiale. Lasciato l’India ha portato Sara a New York, nella scuola delle ragazze. Lì non si poteva parlare durante i pasti ne ringraziare alla serva-ragazza di nome Beck. Qua Sara ha subito una dura prova della sua convinzione. La direttrice signora Minchin Eleanor teneva molto le regole rigide e amava Sara solo per i soldi del suo padre. “Sto sforzando di rispettare le regole,” ricorda Sara una riga della sua prima lettera al padre. Come punto culminante del conflitto si è verificata la fantasia. Dopo che un giorno, per non annoiare le compagne col libro letto ad alta voce Sara ha inventato la continuazione della storia, signora Minchin ha proibito usare la fantasia nella scuola.
“Non ho rinunciato alla mia convinzione di esser la principessa,” ricorda Sara. Alcune ragazze poi hanno testimoniato che era proprio il suo compleanno, quando signora Minchin la ha umiliata ancora di più: alla fantesca. “Non sei più la principessa!”, ha gridato signora Minchin a Sara; così ha detto la sua amica Beck. Il motivo era evidente: il padre di Sara è stato scomparso e non c’era nessun parente per pagare la scuola. Ad aiutare a Sara a sopportare la solitudine e la durezza delle condizioni poveracce è stato Ram Dass, assistente del signor Charles Randolph. Resideva nel palazzo di fronte alla scuola. Ha testimoniato di aver osservato la grande tristezza ma anche la resistenza di Sara.
Lo stesso signor Ram Dass è stato testimone oculare anche del fatto, che il signor Randolph, suo padrone, pensando che nel soldato gravemente ferito avesse trovato suo figlio, ha curato proprio il padre di Sara. L’incontro felice è accaduto dopo la fuggita di Sara sotto dell’odio della signora Minchin. Nonostante che il capitano Crewe ha deciso di portare Sara via, l’impatto della sua presenza in scuola si è verificato fortemente nel cambiamento dei caratteri delle ragazze. L’addio era quello delle principesse.
Sara Crewe non conosceva la mamma. Il suo padre, capitano, la teneva molto. Da piccola la educava a considerarsi principessa. “Tutte le donne sono principesse,” le ha detto prima di esser dovuto a partire per la guerra mondiale. Lasciato l’India ha portato Sara a New York, nella scuola delle ragazze. Lì non si poteva parlare durante i pasti ne ringraziare alla serva-ragazza di nome Beck. Qua Sara ha subito una dura prova della sua convinzione. La direttrice signora Minchin Eleanor teneva molto le regole rigide e amava Sara solo per i soldi del suo padre. “Sto sforzando di rispettare le regole,” ricorda Sara una riga della sua prima lettera al padre. Come punto culminante del conflitto si è verificata la fantasia. Dopo che un giorno, per non annoiare le compagne col libro letto ad alta voce Sara ha inventato la continuazione della storia, signora Minchin ha proibito usare la fantasia nella scuola.
“Non ho rinunciato alla mia convinzione di esser la principessa,” ricorda Sara. Alcune ragazze poi hanno testimoniato che era proprio il suo compleanno, quando signora Minchin la ha umiliata ancora di più: alla fantesca. “Non sei più la principessa!”, ha gridato signora Minchin a Sara; così ha detto la sua amica Beck. Il motivo era evidente: il padre di Sara è stato scomparso e non c’era nessun parente per pagare la scuola. Ad aiutare a Sara a sopportare la solitudine e la durezza delle condizioni poveracce è stato Ram Dass, assistente del signor Charles Randolph. Resideva nel palazzo di fronte alla scuola. Ha testimoniato di aver osservato la grande tristezza ma anche la resistenza di Sara.
Lo stesso signor Ram Dass è stato testimone oculare anche del fatto, che il signor Randolph, suo padrone, pensando che nel soldato gravemente ferito avesse trovato suo figlio, ha curato proprio il padre di Sara. L’incontro felice è accaduto dopo la fuggita di Sara sotto dell’odio della signora Minchin. Nonostante che il capitano Crewe ha deciso di portare Sara via, l’impatto della sua presenza in scuola si è verificato fortemente nel cambiamento dei caratteri delle ragazze. L’addio era quello delle principesse.
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